"Una donna:
proprio quello che una fanciulla non ha voglia di diventare, checché le
sia successo. Ma c'è poco da scegliere, e meno ce n'era nel
milleseicentoventidue o venticinque, a Roma. Così Artemisia alzò la
testa, e fece il conto dei suoi averi: bel viso, bella mano, bella
persona, talento, quattro casse, duecento ducati, un marito vivo o
morto: eredità che la fanciulla spirante e noncurante le trasmetteva e
di cui si affrettò a prendere il comando. In un lampo, seppe che il
maggiore di questi beni era il marito, condizione perché gli altri
fruttassero: intanto si premuniva, d'istinto, contro malevolenze e
curiosità, imitando, da stupirne le dame di Toscana, così brave a farsi
rispettare. Riconosciuto definitivamente il suo stato, forte
all'improvviso di una voglia di vivere e prosperare che le fanciulle non
hanno, sacrificava per la prima volta, con animo sgombro, all'astuzia,
la dea dei poveri che non vogliono morire." Da Artemisia, Bompiani, 1997.
(Anna Banti, pseudonimo di Lucia Lopresti, scrittrice; Firenze, 27 giugno 1895 – Ronchi di Massa, 2 settembre 1985)
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